No, non devi tirare come Steph (o Caitlin)
Ogni gesto racconta una storia. E nessuna storia è uguale all’altra
Ciao SPORTERZ!
Il segreto per diventare dei campioni?
10.000: le ore necessarie (forse) per l’eccellenza.
2.500: le ripetizioni del gesto, ogni giorno, secondo papà Agassi.
Ma un solo modo di giocare: il tuo!
"I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano".
Lo diceva Pablo Picasso. E anche la mia prof di matematica al liceo. Già: bisogna essere bravi, anche per copiare. Permette di imparare dagli altri e di creare qualcosa di originale. Aiuta a sviluppare nuove idee, soluzioni e strategie. A salvarsi nelle situazioni ad alta intensità emotiva.
Anche nello sport? Sì, ma a certe condizioni.
Tra professionisti o amatori di alto livello è naturale pensare che imitare un campione possa migliorare la performance. Ma per i bambini, o per chi è agli inizi, non sempre “copiare” è l’approccio migliore. Ma possono imparare a “rubare” i segreti dei campioni.
“Tira come Steph (Curry)!”.
“Tira come Caitlin (Clark)!”.
“Corri come Jacobs!”.
O come Nadia Battocletti.
Che sia calcio, basket o atletica – o magari tennis, nell’era di Sinner, Paolini & soci – il principio è sempre lo stesso: imitare il migliore per diventare come lui.
Per anni l’allenamento si è basato su un’idea: esiste una sola tecnica corretta per ogni gesto. Quella che viene definita “tecnica standard”. Ma se la osserviamo da vicino, ci accorgiamo che è semplicemente una media delle tecniche più diffuse tra gli atleti migliori.
Imparare la tecnica e poi ripeterla all’infinito, o quasi, in allenamento. L’idea è: se riesci a replicarla, allenarla e automatizzarla arriverà anche il successo. La famosa “regola delle 10.000 ore”, resa popolare dal sociologo e giornalista canadese Malcolm Gladwell nel 2008, si basava su questa logica. Pratica, dedizione, ripetizione e quindi successo.
Chi ha letto Open di André Agassi ricorda bene il metodo del padre Mike: 2.500 palline al giorno, 17.500 a settimana, quasi un milione all’anno.
«Se colpisci 2.500 palle al giorno, ne colpirai 17.500 alla settimana e quasi un milione in un anno. Un bambino che colpisce un milione di palle all'anno sarà imbattibile».
Eppure, oggi sappiamo che non è così. Né Gladwell né Mike Agassi avevano ragione. Uno studio del 2019 della psicologa Brooke N. Macnamara ha ribaltato quelle tesi.
«Quando si tratta di capacità umane, entra in gioco un complesso insieme di fattori ambientali e genetici che, messi insieme, spiegano la differenza di risultati anche a parità di pratica. Nella maggior parte dei casi, l’allenamento ti rende migliore di come eri ieri. Ma potrebbe non renderti migliore del tuo vicino».
Concetto ribadito anche dal professor Dylan Hicks della Flinders University di Adelaide: ogni atleta ha caratteristiche fisiche uniche dalle mani agli arti, dalla forza all’andatura. Ognuno ha una propria “firma” sul movimento che fa quando gioca.
Per questo forzare i giovani a ripetere un gesto, o ad imitare un campione, può essere controproducente. Pensiamo al basket: Curry, Dončić e Durant tirano con tecniche diverse. Tutte efficaci.
Ricordate Riccardo Pittis? Giocava a basket e per un problema ai tendini della mano destra, nel 1999 – a 31 anni – cambiò mano di tiro. Esordì in Serie A a 17 anni, ma dopo una vita passata a tirare con la destra, passò forzatamente alla sinistra. E continuò a essere efficace.
Nei 100 metri ricordiamo i campioni olimpici Bolt, Jacobs, Lyles e Carl Lewis. Ognuno con il proprio stile. Ma il giovane talento australiano Gout Gout ha una tecnica ancora diversa da ognuno di loro. Eppure corre fortissimo e dominerà per il prossimo decennio.
Nel calcio, Zinedine Zidane stoppava di suola: un gesto imparato nel futsal, praticato giocando per strada e sicuramente mai insegnato in un'accademia federale. Nel tennis, il rovescio a due mani – nato negli anni ‘30 – era considerato marginale fino agli anni ‘70: era una fondamentale “furbo” per giocatori deboli di braccia o per le donne. Fino a quando Björn Borg, Jimmy Connors, Chris Evert e poi André Agassi e Jim Courier lo hanno fatto diventare mainstream se non addirittura “il” fondamentale. Chi gioca oggi con il rovescio a una mano? Quasi nessuno.
Il mito della “tecnica perfetta” dura poco. Lo confermano anche i ricercatori Bartlett, Wheat e Robins: la variabilità non è un errore, ma un utile adattamento biomeccanico. Serve a prevenire infortuni, migliorare la coordinazione, affrontare condizioni variabili: stress, superfici diverse, vento. Stiamo parlando del famoso tiro sulla sirena da metà campo, per chi ama il basket. O del gol del portiere nel calcio, segnato a tempo scaduto, sugli sviluppi di un corner con tutti quanti “in the box”.
La variabilità si allena. E va allenata quanto la tecnica. I giovani atleti vanno incoraggiati a sperimentare, ad allargare il proprio repertorio motorio. L’unico parametro oggettivo è l’obiettivo: fare gol, canestro o vincere il punto.
I professionisti offrono ispirazione. Ma non definiscono l’essenza assoluta di un gesto. Né la quantità di ore è garanzia di successo. Il talento, la biomeccanica, la variabilità: sono questi i veri compagni di viaggio.
Quindi no, piccolo atleta (e genitore di piccolo atleta): non devi tirare come Steph o come Caitlin. Non devi tenere la racchetta come Jannik o Jasmine. Non devi calciare come Messi o stoppare come Zidane.
Gioca come ti viene naturale per fare gol, canestro o correre più veloce. Ispirati ai grandi. Ma cerca sempre il tuo modo. Allenati fuori dalla zona di comfort: è in quello spazio sconosciuto che si diventa campioni.
🎯 SET POINTZ
Nel (quasi) silenzio dei media sportivi italiani segnalo una rivoluzione pazzesca nel baseball MLB: le torpedo bats, o mazze siluro. Le ha progettare un laureato al MIT ( Massachusetts Institute of Technology) e sembrano essere la ragione dell’elevato numero di fuoricampo dei New York Yankees in questo inizio di stagione. Per ora sono loro gli unici a utilizzarle.
Ricordiamo che un altro fattore che influenza la crescita dei fuoricampo nel baseball è il cambiamento climatico, come ho riportato qualche settimana fa in una issue di SPORTERZ. L’aria più calda mantiene in volo la pallina più a lungo perché offre meno resistenza.
Ad agosto ho scritto una issue dedicata agli arbitri e al loro rischio di estinzione a causa delle aggressioni, soprattutto nei campionati giovanili. Leggendo i recenti fatti di cronaca locale le orecchie continuano a fischiarci.
Un bel contenuto scritto da Philip Lahm, ex capitano di Bayern e Germania, sul momento attuale del calcio italiano, sui fasti del passato e su come si potrebbe ridare smalto ai nostri club nelle coppe europee. In inglese, ma interessante.
Désiré Doué, non cambiare: il 19enne francese del Paris (Saint-Germain) è un talento con un innato senso dello spettacolo. Insomma, un artista come non se ne vedeva da parecchio in giro. E So Foot chiede di non rimetterlo in panchina!
🎾 MATCH POINTZ
Diversificare, perché no? Lo spin-off di SPORTERZ è pronto e la prima issue sarà spedita venerdì 18 aprile.
Una nuova newsletter che parla di sport in un modo diverso: partendo dai numeri. Quelli che evocano gesta memorabili, che accendono ricordi, che diventano icone.
Numeri che raccontano persone, momenti e leggende. Vi lascio con un visual della prima uscita. Il primo “numero” è legato a un anniversario.
Il progetto si chiama NUMB3RZ e dopo la pausa pasquale si alternerà con questa newsletter. Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo molto al vostro parere e ai vostri consigli!