Se ci fischiano le orecchie non è per colpa degli arbitri
Nel calcio mettono tutti d’accordo: i colpevoli sono loro. Ma se si estinguesse la categoria?
Inizia il campionato di calcio di Serie A 2024-2025: prima partita sabato 17 agosto tra Genoa e Inter. Fine prevista per il 25 maggio del prossimo anno. In gara 20 club per la 123ma edizione, la 93ma a girone unico, la 20ma con l’attuale numero di squadre. Ogni partita vedrà in campo 22 calciatori e un arbitro: è il 23mo uomo in campo, ma senza di lui e dei suoi assistenti e collaboratori non si può giocare. La sua figura però non ha estimatori e quasi sempre attira critiche e odio.
Crisi professionale. L’arbitro di calcio è un lavoro difficile, stressante e pericoloso. Un recente sondaggio di Refsix.com condotto tra circa 1.300 arbitri di calcio in Europa, Oceania e Nord America indica come l’abuso verbale e fisico nei confronti dei direttori di gara è ormai endemico a tutti i livelli. Un altro studio di European Sport Management Quarterly dice che oltre il 93% degli arbitri di calcio intervistati dagli autori ha detto di essere stato insultato verbalmente, mentre quasi uno su cinque ha segnalato minacce a livello fisico. Si fa fatica a reclutare nuovi arbitri e la Uefa ha lanciato lo scorso anno un programma per trovarne 40.000 nuovi ogni anno. Senza arbitri sarebbe game over per il calcio.
Un problema culturale. Al 31 maggio rileviamo 519 casi di violenza nei confronti degli arbitri contro i 334 della scorsa stagione: l'inasprimento delle sanzioni a carico dei violenti ha sortito un risultato positivo sulle violenze gravi, scese a 105 a 70”: lo dice Carlo Pacifici, presidente dell'Aia, nel corso della conferenza stampa di fine campionato nei primi di giugno al Centro tecnico federale di Coverciano. Nello specifico: 341 sono stati messi in atto da calciatori, 129 da dirigenti di cui 30 allenatori, 86 dirigenti, 13 massaggiatori e 49 da estranei. L’arbitro viene visto come un “nemico” all’interno delle società e tra i tifosi. Il responsabile della Can, Gianluca Rocchi, lancia una proposta: “Non fare interviste agli allenatori sugli arbitri per 6, 12 ore limiterebbe l'85-90% delle polemiche”. Ma limiterebbe la libertà di espressione e di critica.
Ora anche un problema di genere. Le offese rappresentano un capitolo a parte che non sono quantificabili per la dimensione sconfinata degli epiteti. Ma c’è un dato: negli ultimi anni è cresciuto notevolmente il numero di ragazze che arbitrano il calcio arrivando a 2.700. Questo fatto ha prodotto un aumento degli insulti sessisti sui campi. Capitolo razzismo che resiste nelle serie minori e dilettanti, mentre nella Serie A è in drastico calo.
Ieri le scommesse, oggi i social media. Insulti e aggressioni agli arbitri risalgono a prima della fondazione della FA (Football Association) inglese nel 1863, quando gli scommettitori aggredivano verbalmente e talvolta fisicamente i referee dopo averli accusati per aver preso decisioni che influenzavano negativamente le loro piazzate. Poi sono arrivati i giornali, le tv e oggi ci sono i social media e le chat. Nel calcio è storicamente e culturalmente accettato mettere in discussione le decisioni degli arbitri, urlare e insultarli. I giocatori lo fanno in campo e dalla panchina, lo fanno anche gli spettatori a tutti i livelli. Offendere l'arbitro è dunque la norma ai massimi livelli ed è comune nel calcio giovanile.
O si cambia o si finisce di giocare. I professori Tom Webb e Harjit Sekhon della Coventry University hanno condotto una serie di interviste in 20 anni con arbitri delle serie minori e anche professionisti per capire l’impatto di insulti e aggressioni nel mondo del calcio. In un articolo su The Conversation arrivano a questa conclusione: gli abusi verbali e fisici verso gli arbitri non possono essere completamente eliminati dallo sport, ma bisogna ridurli punendo i trasgressori e fornendo supporto anche psicologico ai direttori di gara fin dai livelli giovanili. Il mondo dello sport si muove lentamente su questo argomento, ma inizia a capire che senza arbitri neutrali non è più possibile gestire lo sport di base e quindi quello professionistico.
Quanto guadagna un arbitro? Il sito The Athletic ha provato a fare le somme per capire quanto finisce in tasca alla categoria dei fischietti del calcio. In testa quelli spagnolo e inglesi, poi gli italiani. Gli arbitri spagnoli ricevono uno stipendio fisso di circa 145.000 euro l’anno con una quota aggiuntiva a partita che varia dai 4.900 ai 2.450 euro a seconda del ruolo (arbitro, guardalinee, quarto uomo o Var). Inoltre hanno un bonus di oltre 25.000 euro l’anno per la pubblicità sulle loro divise. In Inghilterra lo stipendio di un arbitro va dagli 85.000 agli oltre 170.000 euro, a seconda del livello d’esperienza e grado. La quota di partecipazione a partita è di 1.300 per l’arbitro mentre a chi è al Var vanno meno di 1.000 euro. I direttori di gara ricevono un bonus in base alla qualità del loro arbitraggio. In Serie A gli arbitri ricevono uno stipendio fisso di circa 90.000 euro con una quota a gara di circa 4.000 euro per i direttori di gara, mentre chi è al Var prende 1.700 euro. Attenzione: tra 6 anni si stima che gli arbitri della MLS nordamericana saranno i più pagati. I direttori di gara di primo livello arriveranno nel 2030 a prendere 195.000 euro, quelli di fascia intermedia saliranno a 152.000.
In principio non c’era proprio. Il calcio è nato senza la figura dell’arbitro, che è stata aggiunta. Lo spirito del fair-play, su cui si fondava il gioco inventato dagli inglesi, prevedeva che fossero i capitani delle squadre a garantire il rispetto delle regole in campo. Il primo passo però è stata l’adozione delle figure di umpire, uno per squadra, con il compito di contare i gol e dirimere le controversie. Il secondo passo è stato quello di istituire una figura terza di referee per risolvere eventuali casi dubbi. Nasce così la figura dell’arbitro. Nel 1878, un arbitro utilizzò per la prima volta il fischietto, utile per richiamare l’attenzione. Nel 1891 l’International Football Association Board (IFAB) indicò nel referee l’unico direttore di gara che veniva ammesso all’interno del rettangolo di gioco, dotato di un fischietto e con potere decisionale totalmente autonomo.
Prime volte. Le prime tre finali di FA Cup (1872,1873 e 1874) furono dirette da Alfred Stair, di professione impiegato pubblico, ma anche calciatore dilettante per l’Upton Park, il quartiere di Londra casa del West Ham. William Keay (1832–1931) fu scelto per arbitrare il primo incontro calcistico internazionale della storia il 30 novembre 1872: Scozia e Inghilterra. Finì 0-0 e Keay era stato selezionato come riserva per la nazionale scozzese. Sergio Gonella è stato il primo arbitro italiano ad aver diretto la finale di un Mondiale: Argentina-Olanda del 1978 a Buenos Aires (vittoria degli argentini). Pierluigi Collina è stato il secondo arbitro italiano con la direzione della finale del Mondiale 2002 tra Brasile e Germania (vittoria dei brasiliani).
Non più in nero. L’arbitro si distingue tra i giocatori in campo perché veste di nero. All’inizio del gioco del calcio è questo il colore scelto per i direttori di gara. L’outfit incute rispetto: giacca nera, camicia bianca, cravatta nera e pantaloni al ginocchio neri. Da questo abbinamento nasce l’espressione “giacchetta nera”. Infatti nessuna squadra di calcio è autorizzata a usare il nero come colore di maglia (unica eccezione i portieri). Nel dopoguerra anche gli arbitri iniziano a usare una polo nera. Nel 1994, in occasione del Mondiale negli Usa, si cambia registro: basta nera e via libera al giallo, il grigio e il rosa. Decade anche il divieto del nero per le divise delle squadre, che proprio a metà anni 90 del secolo scorso vedono una serie di creazioni ad alta presa tra il pubblico.
Ci vuole un fisico bestiale. Un arbitro corre in media tra i 10 e i 12 chilometri a partita. Il Washington Post per i Mondiali del 2022 ha pubblicato un’inchiesta sul mondo arbitrale della Fifa. I severi test atletici prevedono: 6 scatti da 40 metri con non più di 60 secondi di recupero tra ogni ripetizione; ogni sprint deve esser terminato entro sei secondi per gli uomini e 6,4 secondi per le donne; un estenuante test a intervalli, ripetuto 40 volte senza interruzioni, che consiste in una corsa di 75 metri (15 secondi gli uomini, 17 le donne) seguita da una camminata veloce di 25 metri (meno di18 secondi gli uomini, 20 le donne) — che equivale a 4.000 metri, o 10 giri di una pista di 400 metri; infine, un test di cambio di direzione noto come 7-7-7, uno sprint di sette metri, quindi una svolta di 90 gradi a sinistra e uno scatto di altri sette metri, quindi una svolta di 90 gradi a destra e sprint altri sette metri. L'esercitazione deve essere eseguita due volte e gli arbitri devono eseguirla ogni volta in 4,9 secondi o più velocemente.