NUMB3RZ – #14 ⚽️ Johan Cruijff
Nessuna cifra sulla maglia, come nessuno schema, poteva imprigionare il suo talento
Questa è la terza issue di NUMB3RZ, uno spin-off di SPORTERZ. Ogni numero è un viaggio nel tempo e un racconto che parte da un numero mitico e arriva dritto al cuore di chi ama lo sport e le sue storie senza tempo.
Hai presente quando peschi un numero fortunato? A tombola, al lotto. Magari il biglietto vincente della lotteria. Il numero non è magico in sé, lo diventa dopo. È successo anche nel calcio. Nei Paesi Bassi.
Una maglia tirata fuori per caso da un saccone di indumenti usati è diventata un simbolo.
Perché tutti sanno che il 10 è roba da geni: Pelé, Maradona, Baggio, Messi e tanti altri. Il 7? Dei belli, veloci e paparazzati: Best, Cantona, Figo e Beckham, Ronaldo. Il 9? Del bomber, il killer dell’area di rigore.
Johan Cruijff giocava col 9 nell’Ajax. Ma lui non era un classico centravanti di sfondamento, quello che esce dal campo con il naso rotto o senza un dente. Lui era diverso. In campo e nello spogliatoio. E poi in panchina.
Tutto iniziò il 30 ottobre 1970, prima di un Ajax-PSV.
Un compagno, Gerrie Mühren, non trovava la maglia numero 7.
Cruijff gli diede la sua, il 9. Poi rovistò nel saccone in magazzino con le vecchie mute usate per gli allenamenti. E pescò una maglia dimenticata: quella con il 14. Scese in campo. Vinsero. Festeggiarono.
Quando la fortuna ti sorride, non cambi.
La maglia rimase quella.
Anche se il 14 era un’eresia.
Non era nemmeno previsto: ai tempi, in campo andavano solo i numeri dall’1 all’11. Il resto, dal 12 in poi, era panchina. E figuriamoci che fino al 1970 le due sostituzioni “tattiche”, cioè non di giocatori infortunati, non erano nemmeno previste dal regolamento.
Ma Cruijff trasformò quel regalo del caso in un segno distintivo: il suo!
Alla federazione olandese però non andava giù quel numero insolito. Il regolamento parlava chiaro: numeri dei titolari dall’1 all’11. Ma Johan non era tipo da regole. L’Ajax era il club sulla cresta dell’onda e simbolo da esportazione di una città anticonformista. E anche i Paesi Bassi erano già avanti su molte dinamiche sociali.
Come fermi una rivoluzione culturale?
Non puoi.
E poi Cruijff vinceva. Tre Coppe dei Campioni di fila (1971-73). Tre Palloni d’Oro (1971, 1973, 1974). Era il profeta del calcio totale. Vedeva il gioco prima degli altri. E il 14 divenne una dichiarazione d’indipendenza dalle regole, dagli schemi e dal conformismo.
Sui giornali di casa veniva acclamato come “Jopie” e poi - ça va sans dire - “nummer 14”. Avrebbe mai potuto cambiare numero? No, ovviamente. In giro per il mondo era “l’olandese volante”. Per la stampa sportiva italiana era “il profeta del gol” o “re Giovannino d’Olanda”.
Quando volò al Barcellona, nel 1973, tornò al 9. In Spagna le regole erano ferree: il franchismo non lasciava spazio a ribellioni. Non erano i Paesi Bassi. Ma il 14 restava il suo simbolo e il suo modo di calarsi nella realtà. Cruijff non era solo un fuoriclasse: abbracciò la causa catalana, sfidò il regime, chiamò il figlio Jordi in onore del patrono della Catalogna, San Giorgio, un nome proibito sotto Franco. Lo fece nascere e lo registrò all'anagrafe di Amsterdam. In blaugrana vinse la Liga e una Coppa del Re. A Barcellona il suo soprannome era “el salvador”.
Il 14 lo accompagnò anche nel Mondiale 1974 in Germania Ovest. In quella nazionale - chiamata da tutti “arancia meccanica” perché giocavano a memoria - i numeri erano assegnati in ordine alfabetico: il portiere Jongbloed col numero 8, tanto giocava meglio con i piedi che con le mani.
Cruyff? Lui era intoccabile, col suo 14.
E quando lo sponsor tecnico della federazione, ai tempi l'adidas, impose le tre strisce nere sulla maglia arancione, lui - sotto contratto con la rivale Puma - ottenne un compromesso unico: gli "scucirono" una striscia, due invece di tre. Semplicemente minacciò di non rispondere alla convocazione per conflitto di interessi personale con il suo sponsor: in pratica le scarpe non si vedevano mentre le strisce sulla maglia sì. Con lui si apre l’epoca dei calciatori professionisti e dei diritti d’immagine.
L’Olanda perse la finale contro la Germania Ovest di Franz Beckenbauer. Johan rinunciò al Mondiale ’78 in Argentina per motivi personali e per via del clima teso per via dei generali a Buenos Aires. Non vestì più l’arancione. Ma ormai era una leggenda. Nel 2007, l’Ajax ritirò il 14 per sempre in occasione dei suoi 60 anni.
Il numero passò di padre in figlio. Proprio Jordi Cruijff fu il primo a portarlo nel Barça nella stagione 1995-96, la prima con ufficialmente i numeri personalizzati. In Giappone, il fumettista creatore di "Holly e Benji", Yoichi Takahashi, rese un omaggio a Johan: il 14 finì sulle spalle di Julian Ross, il più geniale e fragile dei personaggi di “Capitan Tsubasa”.
Nel 1981, Milano assistette a un’ultima apparizione. Cruyff, 34 anni, giocò un tempo con la maglia 14 del Milan, contro il Feyenoord, durante il Mundialito per club. Ma ormai il viale del tramonto non era solo iniziato: era proprio giunto alla fine. Silvio Garioni sulle pagine del Corriere della Sera del 17 giugno 1981 scrive:
"Nel cielo di San Siro è apparsa una stella ma è subito tramontata. Johan Cruyff, 34 anni, gloria e miliardi alle spalle, non aveva mai messo piede da giocatore nello stadio milanese [...] chi attratto dal suo nome si è recato a San Siro nella speranza di vedere qualche numero di gran classe [...] di Cruyff ha visto soltanto un numero celebre: il 14, quello che il trentaquattrenne olandese ha sempre voluto portare sulla schiena un po' per motivi sentimentali un po' per scaramanzia".
Cruyff, smessi i panni del calciatore, vincerà ancora da allenatore proprio con l’Ajax e il Barcellona, che porterà alla prima Coppa dei Campioni nel 1992. Sarà il mentore di una nidiata di campioni che renderanno il club blaugrana un dominatore nel nuovo Millennio. Sempre pensando fuori dal coro, con uno stile personale diverso da tutti. Anche nelle sconfitte, come in quella la roboante nella finale della Champions League del 1994 contro il Milan: 4-0 ad Atene per i rossoneri. La leggenda si era presentata il giorno prima in conferenza stampa dicendo:
“Le finali sono sempre state la mia specialità, la paura non so cosa sia [...] i greci si schiereranno dalla nostra parte: se amano il bel calcio saranno costretti a farlo [...] non vedo proprio come possiamo perdere”.
Uno stile unico, spiazzante e anticonformista. Come la sua maglia 14. Un numero nato per caso, scelto da lui come compagno di vita. Reso eterno. Come scrisse Maurizio Crosetti su la Repubblica il giorno della morte, il 24 marzo 2016:
“Nessuna cifra sulla maglia, come nessuno schema poteva imprigionarlo”.
🏁 FAST NUMB3RZ | JOHAN CRUYFF
📍 Squadra: Ajax, Amsterdam (Paesi Bassi)
📆 30 ottobre 1970
⚽️ Ajax-PSV
👕 Numero di maglia: 14
🇳🇱 Il 14 diventa simbolo del calcio totale
🔥 2007: l’Ajax ritira ufficialmente il numero 14
👦🏻 Jordi, il figlio, veste la maglia 14 del Barça nel 1995
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