Il tempo vola? Fai come Messi: prendi un TEE per rallentarlo
Time Expansion Experiences: cioè quando il mondo va veloce, i fuoriclasse restano lucidi
Ciao SPORTERZ!
Quando il mondo va di fretta cosa fare?
Andare oltre il flow e godersi un TEE.
Cioè esperienze di espansione del tempo.
Restando iper-connessi e lucidi!
Immanuel Kant era così abitudinario che gli abitanti di Königsberg regolavano l’orologio guardando la sua passeggiata. Questo aneddoto è raccontato nel libro "Socrate Express" di Eric Weiner insieme ad altri 13 profili di grandi folosofi. Per Kant il tempo non esisteva: era solo un’illusione della mente. Una "categoria" che ci aiuta a ordinare le nostre esperienze.
E se avesse ragione?
Nella vita di tutti i giorni e nello sport, il tempo si allunga e si restringe a seconda di chi lo vive. Pensate a un incidente in auto, in moto o in bici. In molti raccontano di aver vissuto come al rallentatore quel momento e di aver fatto la cosa giusta al momento giusto con cognizione di causa e non d’istinto. In realtà hanno fatto tutto in una manciata di secondi.
Alcuni campioni dello sport riescono addirittura a dilatare il tempo. Entrano in uno stato in cui tutto sembra rallentare e non finire mai. Pensano, fanno e realizzano la cosa giusta, al momento giusto. Perché 3 secondi, per loro, possono equivalere a 2 minuti.
La scienza le chiama TEE – Time Expansion Experiences – e non ha ancora capito bene come funzionino. C’entra il corpo, certo, ma ancora di più la mente: la capacità di assorbire tutto, di entrare in uno stato alterato, lucido e profondo, in cui ogni frazione di secondo sembra una vita intera.
Avete presente quando il telecronista racconta di una prestazione fuori dai canoni standard dicendo "sembra un marziano", "posseduto dagli spiriti", "irreale per un essere umano"?
Lionel Messi è un esempio con i suoi gol impossibili segnati in momenti di forte stress psicologico come rimonte e tempi supplementari (vedi la finale di Qatar 2022 con l’Argentina). Due ricercatori Sajad Jafari e Lesley Samuel Smith hanno fatto già nel 2016 uno studio sul fenomeno argentino. Messi disporrebbe di una "banda più larga" a livello mentale per "processare gli eventi sul terreno di gioco" e poter graduare ad hoc il suo repertorio tecnico e i movimenti corporei. I due dicono:
“Oltre a tutto questo, Messi ha una sconcertante capacità di sostenere il focus, cioè di prolungare la soglia attenzionale per un tempo molto elevato”.
Nello studio i ricercatori paragonano Messi a Flash, il Supereroe della Dc Comics. Veloce, velocissimo non solo per la corsa a 1.600 km/h ma per il rapporto tra visione e tempo di reazione. Come quando il Velocista Scarlatto salva qualcuno muovendosi a suo agio in una folla di esseri umani "rallentati" o addirittura "congelati": la sua velocità di corsa e di pensiero fanno sembrare immobili tutti gli altri.
Lo stesso studio accomuna le caratteristiche di Messi all’hockeysta canadese Wayne Gretzky, da molti ritenuto il più grande di sempre sul ghiaccio. Ma in questa speciale classifica possiamo metterci anche il grande rivale dell’argentino: Cristiano Ronaldo. Il suo stacco per colpire la palla di testa sembra un fermo immagine, dove rimane in aria fermo per quel tempo in più che serve a battere il difensore e decidere dove mandare il pallone in rete.
Lo faceva anche Michael Jordan con i suoi stacchi imperiali, che gli sono fruttati il titolo di His Airness. Ma anche quando teneva i piedi per terra non era da meno. Stiamo parlando di situazioni come quella di "the last shot" dei Chiacago Bulls contro gli Utah Jazz nella gara 6 delle NBA FInals del 1998. Una sequenza che sembra infinita, ma che dura pochi secondi, nei quali c'è dentro un mondo che va al rallentatore per Jordan, ma velocissimo per tutti gli altri.
Il commento del suo coach, Phil Jackson, per celebrare l'ultimo tiro che è valso il sesto titolo per i Bulls spiega bene:
“Michael è il ragazzo che riesce sempre a spuntarla 'in the clutch', nel momento topico”.
Nel momento topico i grandi campioni espandono il tempo. Come si può spiegare scientificamente questa straordinaria capacità? Non lo sappiamo ancora con certezza.
Torniamo all’esempio di Messi. Esistono prove che l'esercizio fisico generalmente rallenti il tempo. O meglio: si ipotizza che questi sportivi potrebbero essere in grado di "guadagnare tempo" grazie a capacità motorie superiori che consentono al loro cervello predittivo di sfruttare il tempo meglio di altri giocatori per leggere le partite e pianificare in anticipo cosa fare.
Cosa succede esattamente nel cervello di un atleta quando il tempo sembra rallentare?
Per Steve Taylor, docente di psicologia alla Leeds Beckett University, non si tratta solo di istinto o esperienza: la chiave è negli stati alterati di coscienza. La nostra normale percezione del tempo è legata allo stato mentale in cui ci troviamo ogni giorno. Ma quando entriamo in stati mentali straordinari il tempo smette di comportarsi come lo conosciamo.
Tutto inizia dallo stato di flusso, in cui l’atleta è totalmente immerso in ciò che sta facendo. Perde il senso del tempo, della fatica, perfino del sé. Le azioni si susseguono senza sforzo, come una danza perfetta tra sfida e abilità. Ma questo tipo di immersione, paradossalmente, accelera la percezione del tempo: le ore volano, i minuti si dissolvono, i secondi sfuggono. E in questa situazione c’è la maggior parte degli esseri umani, sportivi e non.
È in condizioni ancora più intense – più rare, più profonde – che succede il contrario.
Taylor lo chiama super-assorbimento. È uno stato in cui l’atleta va oltre il flow ed è talmente immerso nella situazione da dilatare il tempo in modo quasi irreale. Succede quando la concentrazione non è solo alta, ma totale – costruita minuto dopo minuto, oppure accesa in un lampo, nel momento in cui tutto si decide.
Nel super-assorbimento, il tempo si espande. Non è solo una sensazione: secondo Taylor, la mente può rallentare il tempo percepito da 10 a 40 volte. Tre secondi possono trasformarsi in trenta, o addirittura in due minuti. Un attimo diventa un margine d’azione. Una possibilità che non esisterebbe in condizioni normali.
Ed è proprio lì che nascono i colpi impossibili. Le schiacciate last second. I salvataggi sulla linea. I recuperi disperati che ribaltano una partita. Tutti gesti che, a velocità reale, sembrano miracoli. Ma che, per chi li compie, avvengono in un tempo più largo, più abitabile.
Taylor spiega che questo stato è simile a una forma di meditazione agonistica. Il gioco, in quel momento, smette di essere gioco e diventa trance.
L’atleta non pensa: è.
Non calcola: vede.
La mente è concentrata, ma serena.
Come se l’urgenza del risultato venisse sospesa e al suo posto restasse solo il gesto puro, perfetto. Ed è la coscienza, alterata e intensificata, a fare dei campioni dei veri maestri del tempo.
Quindi, come sosteneva Kant il tempo non è una caratteristica degli oggetti, ma una struttura che il nostro cervello applica per ordinare le nostre percezioni. Quando il mondo va veloce, i fuoriclasse rallentano il tempo. Che così crolla addosso a tutti gli altri.
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