Il montepremi dei tornei dello Slam è un Master di economia
Tra i 4 principali eventi di tennis e il resto del calendario non c'è paragone. C'entrano due teoremi matematici? Soldi a parte, i fuoriclasse fanno la differenza quando serve
US Open di tennis, ultimo Slam dell'anno dopo gli Australian Open, Roland Garros e Wimbledon. Si gioca a New York con finale prevista per il 7 settembre (singolare donne) e 8 settembre (singolare uomini). Con il termine "open" si indicano dal 1968 i tornei aperti a tennisti professionisti. Prima era consentito partecipare ai soli atleti con status di dilettante. Il 22 aprile 1968 il primo torneo di tennis open a Bournemouth (Gran Bretagna) con vittoria del professionista australiano Ken Rosewall (1934). Prima vittoria italiana in un torneo open di tennis nel 1971 a Senigallia (Ancona) con Adriano Panatta (1950).
Show me the money. L'edizione 2024 degli US Open ha un montepremi di 75 milioni di dollari complessivi (68,3 milioni di euro, +23% rispetto al 2023). Si tratta dello Slam più ricco: superato Wimbledon (50 milioni di sterline, quasi 60 milioni di euro). I vincitori intascheranno 3,6 milioni di dollari (+20% rispetto al 2023). Però non è record: nel 2019 valeva 3,85 milioni di dollari. Perdere al primo turno del singolare frutta comunque 100.000 dollari (oltre 91.000 euro), più della vittoria in un qualsiasi ATP 250 e più o meno la stessa cifra di un piazzamento in semifinale a un recente ATP 500. I premi nei tornei di tennis servono anche ad attirare i migliori giocatori, garantendo così un alto livello di competizione.
Teoria dei giochi. Come sono arrivati gli organizzatori a questa cifra? Guardando la situazione del tennis professionistico e stabilendo che i giocatori devono impegnarsi al massimo in ogni turno grazie a un montepremi che aumenta esponenzialmente e con un assegno per il vincitore incomparabilmente più alto. Forse hanno seguito la teoria matematica dei giochi i cui presupposti principali sono: gli individui giocano con lo scopo di vincere, quindi di massimizzare il loro risultato; ogni partecipante può prendere un numero finito di decisioni; ogni decisione assunta da un individuo durante il gioco ha delle conseguenze, che possono essere positive o negative; il gioco può essere cooperativo, se più individui sono d’accordo con le decisioni assunte, oppure non cooperativo se ci si scontra sulle decisioni degli altri (non vale per il singolare). Se il premio in denaro rimanesse lo stesso per ogni partita, i giocatori sarebbero meno incentivati a sforzarsi di più man mano che il torneo procede: questo perché una volta che un giocatore ha raggiunto un certo punto di avanzamento nel torneo, il suo guadagno potenziale per aver vinto la finale diminuisce a ogni turno successivo. Dai quarti di finale l'incasso dei giocatori cresce in misura esponenziale nei tornei dello Slam.
Metà umani, metà robot. La seconda e terza regola della teoria dei giochi ci aiutano a capire meglio chi è in grado di poter avanzare e ambire a incassare i premi in denaro. I tennisti in battuta scelgono con il servizio come mettere in difficoltà l'avversario, ma senza diventare prevedibili. Sanno che da una loro decisione può arrivare il punto o può essere perso. Ma non sono dei robot, quindi non sono completamente razionali nei loro comportamenti. Alcuni giocatori, per esempio, sono assaliti da ansia e sfiducia dopo un errore e hanno maggiori probabilità di perdere il punto successivo. Tuttavia uno studio dimostra che i fuoriclasse hanno una maggiore resilienza mentale, esibendo meno ansia nei punti cruciali e migliorando il loro livello di gioco quando necessario per vincere il punto, il set, il match e il torneo. I nomi? Lo studio si è concentrato su qualche decina di campioni come Djokovic, Nadal, Federer e Serena Williams che pur non essendo insensibili al denaro hanno l'esperienza, la capacità mentale e la compostezza per superarsi e andare oltre proprio nei momenti cruciali di un match.
E poi c'è la teoria dei tornei. Che abbiano mangiato pane ed economia gli organizzatori degli Slam? Può essere. La teoria dei tornei suggerisce che un sistema di premi altamente diseguale, con premi significativamente più alti per il vincitore finale, è il più efficace nell'incentivare lo sforzo. Questo perché, una volta che un giocatore raggiunge la finale, non ci sono più partite da giocare e quindi nessun ulteriore guadagno potenziale se non quello di vincere l'intero torneo. Ma ci sono dei paletti: la teoria dei tornei attribuisce alla competizione per la vittoria la proprietà di efficienza nella rivelazione del talento, ma sottolinea che questa attraente caratteristica del modello vale se e solo se i tornei sono simmetrici, cioè se tutti gli agenti sostengono lo stesso costo per partecipare alla competizione (altrimenti il torneo è impari) e se nessuno dei partecipanti è discriminato dalle regole della gara (altrimenti il torneo è ingiusto). In sostanza, la teoria dei tornei, applicata al tennis, spiega come la struttura del montepremi del torneo, fortemente sbilanciata verso il vincitore, sia progettata con regole uguali per tutti non solo per premiare il successo, ma anche per motivare costantemente i giocatori a dare il massimo, garantendo così un alto livello di competizione durante tutto il torneo.
Money don't matter 2 Night. Per soldi e per la gloria: dal 1968 il record di vincite è di Pete Sampras e Jimmy Connors con 5 trofei a testa in campo maschile, Chris Evert guida con 6 trofei in campo femminile. L'outsider, cioè vincitore con wild card, è la belga Kim Clijsters nel 2009. Tra i vincitori anche Andre Agassi nel 1994, che non era testa di serie quell'anno. Il più giovane tra gli uomini Pete Sampras nel 1990 (19 anni). I due sono anche i protagonisti dello spot "guerrilla tennis" a New York in veste di testimonial del loro sponsor tecnico. Una pubblicità rimasta storica.