Nel basket è il momento di ripensare il tiro da tre punti
Amato, odiato e onnipresente nella Nba e in Europa. Forse non lo abbiamo ancora capito
Oggi parliamo di:
Viaggio alla scoperta del tiro da 3 punti nel basket. È stata una vera rivoluzione? Cosa abbiamo capito dopo 45 anni grazie alle statistiche.
Quando si parla di sportwashing si fa riferimento a diversi aspetti che caratterizzano gli investimenti importanti: un articolo scientifico spiega quello geopolitico.
Le rubriche di SPORTERZ: cosa possiamo rubare ai campioni dello sport per non mollare il colpo; la storia delle canotte da basket e poi notizie curiose su eventi e protagonisti con qualche link per approfondire.
Riparte la stagione del basket Nba dopo quella di Eurolega e la domanda è nell'aria: "aboliamo il tiro da 3 punti". Ma anche: "sembra di vedere giocare a dodgeball". L'argomento è divisivo, ma merita di essere analizzato alla luce di fatti e numeri.
Una rivoluzione. Il tiro da 3 punti ha cambiato profondamente il gioco del basket inventato nel 1891 a Springfield, in Massachusetts. Sperimentato nella Ncaa (il campionato universitario americano) nel 1945, introdotto a partire dagli anni 60 da leghe alternative come Abl e Aba fu introdotto nella Nba dalla stagione 1979-1980. A livello Fiba dal 1984. Ci sono voluti almeno 25 anni per studiare l'efficacia del tiro da 3 punti rispetto a quello da 2. Quello che inizialmente era stato pensato come un tiro "tattico", per creare nuove opportunità ai giocatori lontano da canestro, è diventato "strategico".
Inizio difficile. I primi a criticare l'ipotesi di un arco per delimitare un tiro da 3 punti sono stati i coach del college, convinti che era "diseducativo" incentivare la ricerca del punto extra rispetto a un canestro tradizionale. "Ridicolo", sentenziò Jonny Orr di Iowa State; "una farsa", secondo il commentatore Dick Vitale; "diventeremo allenatori di foche ammaestrate", la battuta di George Raveling di South California. La rivista Sport Illustrated definì il tiro da 3 punti "vinci un orsacchiotto di pezza" precisando che il basket sarebbe diventato così "cinque statici imbelli attorno alla mezzaluna da una parte e dall'altra". Molti rileggendo questi virgolettati concorderanno inorriditi vedendo come ormai il tiro da 3 è diventato l'abitudine nella Nba e in Europa. Ma le cose non stanno proprio così.
Una crescita costante. Il basket ha visto per decenni dominare i giganti sotto canestro: George Mikan negli anni 40, Wilt Chamberlain negli anni 60, Kareem Abdul-Jabbar negli anni 70 (suo il mitico "gancio cielo"), Moses Malone negli anni 80 e Shaquille O'Neal negli anni 90. Larry Bird dei Boston Celtics è considerato uno dei migliori tiratori della storia: in 13 anni di Nba ha tirato in media meno di due tiri da 3 punti a partita. LeBron James (1984) ha giocato il primo anno nella Nba nel 2003 con i Cleveland Cavaliers: si tentavano 14,9 tiri da tre punti a partita. La scorsa stagione se ne sono tirati 35. Più del doppio rispetto a 21 anni fa. Questo significa che ci sono giocatori diventati specialisti nel tiro pesante e che molti giochi in attacco si chiudono con un tentativo oltre l’arco.
Il grande esperimento. I Rio Grande Valley Vipers della D-League nel 2014 sono stati un grande esperimento statistico del manager Daryl Morey (ai tempi agli Houston Rockets, ora ai Philadelphia 76ers). Per i suoi calcoli la strategia funzionava: segnare un terzo dei tiri da 3 punti equivale a segnare la metà dei tiri da 2. Quindi i tiri da 3 punti sono investimenti offensivi migliori di quelli da 2. O si fa un canestro facile da sotto (eventualmente i tiri liberi dopo un fallo) o si tira da lontano: aboliti i tiri dalla media distanza. Avete presente il Moneyball del baseball? Siamo da quelle parti visto che Morey si è laureato in informatica alla Northwestern University nel 1996 e ha fatto un master al Massachusetts Institute of Technology (MIT), che è una delle più importanti università di ricerca del mondo. Iniziando la carriera ai Boston Celtics in ambito tecnologico. L’esperimento della D-League viene poi replicato ai Rockets nel 2018 con tanto di finale di Conference (persa contro i Warriors).
Controtendenza. Oggi Daryl Morey è anche nella giuria della Sloan Sports Analytics Conference che premia i migliori studi sullo sport competitivo. Sotto gli occhi è passato il lavoro dei professori Shane Sanders e Justin Ehrlich del David B. Falk College of Sport and Human Dynamics di Syracuse. La loro ricerca "Estimating Nba Team Shot Selection Efficiency from Aggregations of True, Continuous Shot Charts: A Generalized Additive Model Approach" ridimensiona la strategia del tiro da 3 punti. Per loro i 2 punti sono diventati più preziosi.
Deflazione da 3. Vediamo la loro logica dopo aver analizzato le statistiche. Nella stagione 2003-2004, le squadre tiravano con il 46% su circa 65 tentativi da due punti a partita e il 34,7% su quasi 15 tiri da tre. Nella stagione 2023-2024, le squadre fanno il 54,6% su circa 54 tiri da due e il 36,7% su 35 tiri da tre a partita. Negli ultimi 20 anni quindi le percentuali di tiro da due punti sono migliorate parecchio, mentre quelle da tre punti sono cresciute di meno.
Valore atteso. Analizzando i dati dettagliati sui tiri dal 2016-2017 al 2022-2023, Sanders ed Ehrlich hanno scoperto che il valore atteso di un tentativo da 2 punti nella stagione 2022-23 è pari a 1,096, mentre il valore atteso di un tentativo da 3 punti è di 1,083. Il valore reale, che tiene conto anche dei tiri liberi, è di 1,181 punti per un tiro da 2 e di 1,094 punti per un tiro da 3.
Musica Pop. Gregg Popovich, coach dei San Antonio Spurs e veterano in Nba, da tempo si lamenta per la dilagante strategia del tiro da 3 punti. Ma i due professori non stanno dicendo di tornare a percentuali anni 80 dall'arco: consigliano di massimizzare l'efficienza offensiva prendendo tiri giudiziosi. Quindi per loro è importante chi prende il tiro, evitando che tutti provino a tirare da 3 punti. La regola dell’arco per il tiro da 3 punti può anche essere nata per caso e come sperimentazione, ma nella sostanza ci sta dicendo che sta bene dove sta ed è un giusto compromesso per equilibrare le forze in campo.
A ben guardare. Non c’è sproporzione o stravolgimento dei canoni storici del basket: solo una lenta e inesorabile evoluzione del tiro da 3 punti. Si è studiato, si è analizzato, si è provato e si sono tirate le somme. Chi ha tiratori eccellenti costruisce un gioco d’attacco e la difesa si adegua, altrimenti lascia spazio sul perimetro e si concentra sulla difesa da sotto canestro e sui tiratori dalla media distanza. Perché la verità ci dice che il tiro da 2 punti è la vera arma per vincere le partite e mai come oggi i giocatori della Nba sono allenati e precisi in questo fondamentale.
Nuova sperimentazione. Nelle Filippine, dove il basket è lo sport nazionale, si prova da questa stagione il tiro da 4 punti. La linea è posizionata a 8,23 metri dal canestro, circa un metro e mezzo più lontana dell'attuale linea Fiba per il tiro da 3 (6,75) e quasi un metro oltre quella della Nba (7,25 nella parte centrale).Il perimetro dell'arco da 4 punti non permette questo tiro dagli angoli, perché coincide con la linea di out. Anche in questo caso è un esperimento: i giocatori dovranno abituarsi alla distanza, i coach a usarlo come gioco tattico per recuperare uno svantaggio di due possessi palla attuali nei secondi finali.
Sportivi, in fondo la routine ci ammazza ma è fondamentale
Visto che questa edizione è dedicata al basket iniziamo da Michael Jordan: "Ho sbagliato più di 9.000 tiri nella mia carriera. Ho perso quasi 300 partite. Ventisei volte mi è stato affidato il tiro vincente e l'ho sbagliato. Ho fallito più e più volte nella mia vita. Ed è per questo che ho successo". Nel video lo vediamo nel suo famoso "last shot" del 1998. Mi è difficile pensare a Jordan, come ad altri campioni, nel fallimento. Ma possiamo imparare qualcosa da loro e dal loro approccio al lavoro per sentirci disciplinati e motivati in qualsiasi cosa facciamo.
Abitudini. La storia è risaputa: bisogna settare una routine quotidiana e avere disciplina. Per creare una nuova abitudine servono da 21 a 66 giorni (e anche più a seconda degli studi). Si deve creare un automatismo che semplifica la vita al nostro cervello. Anche se l'abitudine è uscire alle 6 del mattino a correre, fare ripetute in salita, mangiare la pasta a colazione.
Motivazione. La definizione degli obiettivi personali è una pratica complicata e altamente disturbante per qualcuno. Nel Journal of Sport and Exercise Psychology dicono che: obiettivi specifici e difficili portano a prestazioni migliori rispetto a obiettivi vaghi o facili; gli obiettivi a breve termine possono facilitare il raggiungimento di obiettivi a lungo termine; gli obiettivi influenzando lo sforzo, la persistenza e la direzione dell'attenzione e motivando lo sviluppo della strategia; il feedback sui progressi è necessario affinché la definizione degli obiettivi funzioni; gli obiettivi devono essere accettati se devono influenzare le prestazioni.
Stress. Un po' fa bene, troppo distrugge. E allontana dagli obiettivi e setta abitudini negative. L'ostacolista statunitense Grant Holloway consiglia di prepararsi psicologicamente in anticipo: "Se riesci a visualizzare la tua gara e a vedere cosa farai prima ancora che accada, quando inizierà a concretizzarsi sarà una seconda natura".
Resilienza. Nello sport infortuni e sconfitte sono quasi inevitabili, ma devono comunque essere superati. Succede a tanti campioni: ricordate Gregorio Paltrinieri a Tokyo 2021 che ha nuotato in vasca dopo una mononucleosi che lo ha fermato sul più bello della preparazione? O il recente caso di Gimbo Tamberi che per una colica renale ha visto sfumare una prestazione top a Parigi 2024 (lo stesso Gimbo ha vinto l'oro a Tokyo dopo un infortunio che lo ha messo ko prima di Rio 2026). Bisogna sempre superare battute d'arresto apparentemente impossibili.
Hai una storia personale da condividere? Scrivimi e racconta!
Da AMA LA MAGLIA
Inizia la stagione Nba e rilancio due storie curiose scritte tempo fa ma sempre attuali.
La storia delle canotta da basket. Nascono nel 1891 in Massachussets e arrivano dall'atletica leggera.
L'ultimo ad abbandonare la canotta numero 6 è stato LeBron James ai Lakers. Perché questo numero non si usa più nella Nba?
Su Ama la Maglia, il mio blog dedicato alle divise sportive, ti aspettano 1.500 post con tante storie e curiosità.
Set POINTZ
Calcio, golf, tennis. E poi? Dietro la strategia sportiva dell'Arabia Saudita c’è la geopolitica. Si dice “follow the money” quando c’è da indagare. Lo ha fatto il professor Aaron Ettinger che è un esperto di relazioni internazionali alla Carleton University di Ottawa, in Canada. E il suo articolo su The Conversation merita di essere letto.
Match POINTZ
Il tedesco Thomas Tuchel è il nuovo ct dell'Inghilterra. Conservatori e populisti del calcio non la prendono bene e la BBC mette in fila domande e risposte per smontare il mito del "ct inglese per gli inglesi".
Secondo il quotidiano argentino Clarin, Leo Messi sta pianificando nei dettagli la partecipazione al suo sesto mondiale, quello del 2026. Solo Ronaldo con il Portogallo può eguagliarlo.
Ex campioni di successo vengono trattati spesso da privilegiati: l'ultimo esempio è l'investimento di Tom Brady, 7 Superbowl di football vinti, entra nell'azionariato dei Las Vegas Raiders.
Il fenomeno gravel, la bici da strada ma con ruote per lo sterrato, inizia a catturare professionisti dal World Tour. Più libertà nelle attività promozionali e più sicurezza negli allenamenti.
Correre per 24 ore su una pista di atletica da 400 metri. Il vincitore a Londra ha percorso 527 giri. La BBC è scesa in pista per raccontare l'evento e raccogliere delle testimonianze.
"Nadal è un bebè", dice il surfista americano Kelly Slater a proposito del ritiro del campione di tennis spagnolo. Lui, classe 1972, continua l'avventura tra i professionisti a 52 anni suonati come dice a Marca.